sabato 26 febbraio 2011

Libia, il cubo di Rubik dell'Occidente

Casacche verde oliva, fucili imbracciati e una lotta in nome della libertà, mentre ci si lascia alle spalle le città liberate, verso la conquista della capitale. Uno scatto fotografico che la maggior parte di noi associa alle rivoluzioni. Quelle in nome della libertà e della democrazia. Non si tratta però di un bianconero sgualcito del Nicaragua o della mitica rivoluzione cubana, ma di una recente "pic" digitale che fa il giro del globo sulle principali testate online e arriva da una regione che è quasi mai associata alla democrazia: il Maghreb.
Terre di credo musulmano dai tempi di Carlo Martello e della battaglia di Poitiers, gli Stati del Nord Africa si stanno sollevando contro i loro dittatori. Figure dello standing morale (atroce) del famigerato Saddam Hussein. Quel tizio, se ricordate, per cui tutto si è decisa un'azione militare prodemocrazia che ha scoperchiato una situazione di vietnamita memoria. All'epoca, si diceva, l'Occidente aveva il dovere di esportare il modello democratico e lo Stato di diritto, benché la popolazione irachena non avesse dato il minimo segnale di volersi rivoltare, né di accogliere i militari liberatori con particolare entusiasmo.
Oggi la situazione è ribaltata: una popolazione - i libici - si è sollevata per liberarsi di Muamar Gheddafi, una figura a dir poco inquietante, e sta pagando la conquista della libertà da quasi quindici giorni con un bagno di sangue. Si è parlato di genocidio, di cadaveri nelle piazze di Benghasi e Misurata, di bombardamenti su Tripoli. Si è parlato di giornalisti picchiati dagli uomini del dittatore. Di mercenari assoldati per uccidere la popolazione. Si è visto di tutto, ma lentamente il movimento democratico sta assumendo controllo del Paese.
Ma dove è finito quello spirito internazionalista che aveva spinto ad esportare la democrazia? Perchè nessuno nei palazzi di vetro ha alzato la mano per dire: "Ma ragazzi, siamo andati in Iraq a farci fare gli agguati, non sarebbe  forse più ragionevole sostenere i libici, che hanno già deciso di volere uno Stato di diritto?". Senza bisogno che qualcuno in tuta mimetica glielo spieghi. No, questa volta si fa l'embargo e si congelano i patrimoni dei dittatori nelle nostre banche (che basterebbero a pagare gli studi a metà dei bambini libici tra i sei e gli otto anni probabilmente).
Paradossale, sotto certi aspetti. La logica direbbe che tutto l'Occidente avrebbe dovuto scalpitare per aiutare la Libia. Date le oggettive differenze discusse in termini di "maturità" storica.
Le differenze, a volerle trovare, sono molte. L'Occidente, l'Italia in primis, riceve notevole parte dell'approvigionamento energetico proprio dal signor Gheddafi. Il petrolio iracheno era nelle mani di Saddam e della casta sunnita che lo circondava. La mezzaluna fertile irachena è situata a migliaia di chilometri da quella frontiera tra Grecia e Turchia che divide due mondi, la Libia è lì: ad una manciata di miglia marine da Malta e Lampedusa. E alle spalle ci sono gli ottocento milioni di africani che vivono sotto la soglia di povertà e sognano quello che c'è a nord di Tripoli. Ci sono poi le condizioni economiche. L'invasione dell?Iraq ha cavalcato la nascita e l'ascesa della bolla speculativa che entusiasmava gli economisti di mezzo mondo. La rivoluzione libica avviene in un momento di profonda ridiscussione del paradigma econonomico occidentale.
Il mancato intervento a favore della liberazione libica, dunque...Cosa stavamo dicendo?

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Su questi argomenti si commenta meno eh? Forse perché la situazione è ancora in svolgimento, forse per non rischiare di dire banalità.

Anonimo ha detto...

forse perchè siamo spiazzati e non prevedevamo e ...davvero non sappiamo cosa dire.

Unknown ha detto...

Sì. In effetti era imprevedibile.