venerdì 24 aprile 2009

25 aprile sempre.

Era l'estate del 1944. Lontani dall'euforia provocata dall'Armistizio e ancora distanti dai giorni magici della Liberazione, l'afa di quelle giornate nelle campagne della Pianura Padana pesava come piombo sulle spalle. Gio', nome di battaglia Marinaio, osservava l'orizzonte dalle lenti del proprio binocolo: la radura che si estendeva fino al corso del fiume era attraversata da un silenzio profondo, sottolineato ulteriormente dai trentadue gradi umidissimi di quel pomeriggio.
Si chiese quanto sarebbe durata ancora quella vitaccia. Aveva diciannove anni, da oltre quattro era iniziata la maledetta guerra, da uno era sfollato in campagna. Si trovava con quel gruppo di uomini per cercare di riappropriarsi di quello che era suo: il diritto di vivere, il Paese, la possibilità di tornare a casa sua. Non ne poteva più della nebbia d'inverno e della calura in estate, voleva rivedere il suo mare, che cazzo! Non odiava i fascisti, né i tedeschi: lui era un vero signore, nonostante non avesse un soldo bucato, non era capace ad odiare, non lo interessava la violenza. Voleva solo che si togliessero dai coglioni e lasciassero che la gente facesse la propria vita liberamente. Fissò la strada che si diramava oltre il fiume. Cosparsa di esplosivo dai compagni.
"Marinaio, qualcosa si muove all'orizzonte?", sussurrò alle sue spalle Fulmine, imbracciando un fucile più grosso di lui.
"Tutto fermo". Per fortuna, gli venne da pensare. Era il più giovane del gruppo, non gli affidavano armi e nemmeno le avrebbe volute. Giò non era per la violenza, voleva solo la fine della maledetta guerra, tornare a lavorare sulle navi, sposare la sua ragazza e potersi permettere di comprare le paste dolci la domenica mattina. Cannoli e marsalini, i suoi preferiti. Invece ogni giorno rischiava di non vedere più il suo mare per colpa dei nazisti schifosi, che tornassero a casa una buona volta, e lasciassero che loro ricostruissero il Paese, lavorassero, avessero figli e poi nipoti! Cercò di pensare a come sarebbe stato vivere così a lungo da avere dei nipoti: portarli al mare a nuotare, raccontare loro storie inventate per vederli stupiti, insegnar loro che il bene più prezioso è la libertà e la vita. Qualcosa si muoveva all'orizzonte, cazzo, si vedeva qualcosa, era il commando tedesco che sapevano sarebbe passato. Trattenne il respiro. "Se diventerò vecchio abbastanza da avere nipoti, racconterò loro che da giovane pescavo tonni lunghi un metro e mezzo, altro che guerra!".

"Ma nonno, il tonno l'avete mangiato dopo? O l'avete rimesso in mare?". Gli occhi sgranati di quella bimba bionda, con la faccia sporca di gelato al cioccolato, lo intenerivano sempre, quando arrivava al termine di un racconto, ma si tratteneva dal ridere per mantenere la credibilità della storia. "Fulmine, il mio amico, che lo chiamavano così perchè correva veloce, lo rimise in mare".
"E tu, nonno? Ti chiamavano Giò o avevi un soprannome?".
"Mi chiamavano il Marinaio, perchè parlavo sempre delle navi su cui lavoravo da ragazzo. E quando mi pagavano due lire, sai cosa facevo io?".
"Certo nonno! Andavi a comprarti le paste dolci!". Disse la bimba bionda, una delle sue nipoti, soddisfatta di sapere la risposta a quella domanda del vecchio Giò.