martedì 22 febbraio 2011

Interrogativi immaginando il lieto fine di una storia triste

La storia triste si intitola "Guerra civile libica". Questa è la piega presa nelle ultime settantadue ore dalla rivoluzione che da Tunisia ed Egitto è rimbalzato in terra punica. La follia di un essere umano, la sete di potere, hanno causato migliaia di vittime tra Benghazi e Tripoli e bombardamenti della flotta aerea libica contro i suoi cittadini.
Il lieto fine si chiama libertà popolare, pace, autodeterminazione e democrazia. E tutti vivano felici, contenti e con dignità (aggiungo io). La frase che normalmente sancisce un commiato dalle fiabe, in questo caso avvalla non pochi interrogativi, per chi con la Libia ha relazioni dai tempi di Scipione l'Africano.
Che ne sarà delle persone che cercano giornalmente di attraversare il Mediterraneo, per transitare dall'Inferno al Purgatorio?
Che ne sarà di quanti hanno lasciato il Paese di corsa, di quanti sono stati bombardati in queste ore per ordine del Rais?
Che ruolo avranno le donne nella nuova Libia? Saranno libere di scegliere il proprio futuro?
Che ne sarà degli appalti che le aziende italiane avevano vinto per costruire infrastrutture in Libia?
Che ne sarà dei contratti d'approvvigionamento di gas che ci assicura buona parte delle forniture?
Che ne sarà del prezzo del titolo Unicredit, di cui la Central Bank of Lybia e il principale fondo sovrano del Paese africano detengono un corposo pacchetto azionario?
Che ne sarà di chi si fregiava di essere ottimo amico di un pazzo che ordina un genocidio? Che l'ha accolto nelle proprie università, come fosse un luminare? Che ne ha assecondato gli interessi?
Iniziamo a sperare nel lieto fine, dopo verranno gli interrogativi.

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