lunedì 10 gennaio 2011

Somewhere

A settembre decisi di non andare al cinema a vedere il film che aveva vinto il Leone d'oro. Dalla trama mi sembrava la classica pellicola su cui fare il classico arbitraggio: Blockbuster batte cinema di un buon paio di euro se non di più. Ragionamento doveroso in tempi di crisi economica, espansione dei multisala e proliferazione di commedie trash e colossal al limite del guardabile.
Mi ero fatta un'idea forse peggiore della realtà sul film diretto dalla signora Coppola, certo è però, che non valeva assolutamente un biglietto per il cinema, specie se nel weekend.
Film che vorrebbe essere impegnato, ma non ci riesce. Stephen Dorff interpreta John, un attore californiano che vive la vida loca della Los Angeles dei quartieri alti (ammesso che a Los Angeles esistano i bassi, non credo). Risiede nella suite di un hotel a numerose stelle, dove organizza festini a base di coca e sesso.
Non proprio il top dell'effetto sorpresa, insomma. Lo spettatore medio inizia a guardare l'orologio dopo il primo quarto d'ora di proiezione.
John ha una figlia adolescente che vede di rado e di cui non conosce quasi nulla. Cleo (Elle Fanning) un bel giorno si presenta alla porta del padre, dicendo che sua madre se n'era andata per qualche giorno. E i due mondi, paralleli ino a quel momento, si intersecano come due viali ad un incrocio stradale. John scopre a poco a poco le esigenze della ragazzina: rinuncia a festini erotici con fotomodelle, limita le sbronze, cerca di farla mangiare. Cosa vi viene in mente? Forse qualche miliardo di altre commedie statunitensi?
Il tempo trascorso con Cleo permette a John di pensare alla propria condizione ed al fatto che la sua vita non ha troppo senso o quanto meno troppa utilità. Quando la figlia parte per il campo estivo, John si trova nuovamente solo, in una stanza di hotel, a scegliere a quale festa andare, con che completo D&G, se con una bionda o una bruna. Insomma, c'è di che andare in depressione. E questa forse è l'unica nota salvabile e profonda di un film che obiettivamente non scorre, non cattura, non indigna, forse annoia, ma nemmeno quello al punto da farti alzare a metà. Perchè se c'è una cosa vera è che i veri sconfitti sono quelli che, come John, si fanno fumare il cervello da qualche secondo o più di gloria, potere o denaro. E deve essere obiettivamente mostruoso voltarsi indietro e capire che la propria vita è stesa sul fondo di un bidone della spazzatura, nonostante si avessero avuti tutti i mezzi per renderla splendida.
Questo credo sia stato il messaggio (ufficiale) per cui il film ha ottenuto il Leone d'Oro (soprassiedo su quali penso siano stati i messaggi ufficiosi...). Anche questa volta, sul cinema, Cannes batte Venezia, Francia batte tutti. E di larga misura.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ma uffa! Io i messaggi ufficiosi che pensi li vorrei sapere!