domenica 30 gennaio 2011

Il Maghreb in fiamme raccontato a un bambino




C'era una volta un popolo di medici, ingegneri e architetti. Avevano costruito edifici grandiosi, di forma piramidale, che sopravvivevano al passaggio dei secoli, maestosi. Avevano per primi introdotto e applicato l'algebra e i numeri, rivoluzionando il modo di contare in tutto il mondo. Avevano imparato ad osservare le stelle e la natura in modo da conoscerne il funzionamento.Si trattava della disciplina chiamata fisica, che permetteva loro di inventare oggetti e strumenti di ogni tipo. Era una popolazione colta e orgogliosa, che conservava il proprio sapere in una biblioteca enorme, la più grande del mondo, zeppa di libri su ogni argomento. Ma poi arrivarono gli eserciti con le loro schiere di generali da Paesi lontani, che dicevano di voler "proteggere" il loro Stato, fu così che la popolazione iniziò a vivere in un Protettorato. Ci furono guerre, ci furono avvicendamenti e un bel giorno il popolo riconquistò la libertà. Ma le scuole erano ormai poche e non era così semplice lavorare, il popolo era sempre più povero e non aveva mezzi nemmeno per sopravvivere. Nonostante le figure faraoniche che si avvicendavano alla guida dello Stato dicessero che tutto andava per il meglio, la povertà aumentava. I più giovani iniziavano a partire per l'estero e tornavano in estate
, su auto scintillanti cariche di ogni bene per le loro famiglie. La situazione per chi rimaneva, invece, peggiorava: l'ultimo faraone non sembrava interessato alla mancanza di lavoro del popolo né del fatto che i suoi bambini non avessero vestiti caldi e puliti, né scarpe e tantomeno scuole sicure. I più piccoli sempre più spesso giravano scalzi ed erano costretti a lavorare. Il faraone, però, era ritratto spesso sorridente e ben vestito vicino ai potenti della Terra. Le immagini riempivano i giornali e le televisioni. Nel suo palazzo c'erano meraviglie e ricchezze di ogni tipo, molte più di quelle di cui parlavano quelli che rientravano d'estate. Gli anni passavano ed i più fortunati riuscirono a comprare un computer. Quel parallelepipedo scuro apparentemente privo di vita, era in realtà animato dalla rete volante. Si trattava di un intreccio invisibile che rimbalzava da un computer all'altro portando messaggi e ricongiungendo le persone, che fossero al Cairo, ad Alessandria o a Ismailya. E oltre il mare, dove vivevano quelli che se ne erano andati in cerca di fortuna. Attraverso la rete volante, quella scatola di metallo mostrava loro altre realtà: più dignitose e libere, dove le persone potevano esprimere le loro idee, leggere, scrivere, pensare e i bambini andare a scuola, giocare, imparare e a loro volta esprimere idee e fare progetti. La rete permetteva loro di parlarsi, con la protezione di quello schermo, e dirsi quello che pensavano veramente, senza paura di essere giudicati. Si iniziarono a domandare perchè le cose non potevano tornare come tanto tempo prima: quando costruivano edifici meravigliosi e inventavano strumenti inimmaginabili. Si dissero che forse se avessero unito le forze e avessero espresso le loro idee, qualcosa poteva mutare. Insomma, si doveva prendere il coraggio e chiedere al faraone un cambiamento che permettesse alle persone di dire la loro. Il faraone non voleva sapere di allentare le briglie e concedere al popolo il diritto di scegliere un nuovo governo: troppa era la paura di perdere i privilegi e quel palazzo meraviglioso in cui si era barricato, lontanissimo dalla realtà misera in cui viveva la gente. La rete volante, intanto, mostrava al popolo che anche nei Paesi vicini le cose non andavano bene. I problemi erano gli stessi e l'unica speranza era rivoltarsi. Dovevano farlo tutti insieme, alla stessa ora dello stesso giorno. Sulla rete le parole rimbalzavano impazzite e volavano da un capo all'altro del Paese: dalle piramidi, al grande fiume che attraversava la capitale, alle spiaggie adagiate sul Mediterraneo. "Domani in piazza Tahir", quel messaggio viaggiava ai quattro angoli del Paese e così fu. Il faraone, non appena si rese conto delle proporzioni della rabbia della gente, tentò di improgionare la rete volante: la colpevole che strizzando l'occhio alla gente, portava messaggi di rivolta veloce come il vento sahariano. Una notte d'inverno la oscurò in modo che la gente non potesse più parlarsi. Era tardi. Il popolo era infuriato e non intendeva fermarsi: il faraone doveva lasciarli liberi di decidere del proprio futuro, niente li avrebbe fermati, nemmeno l'assenza della rete. Sarebbero andati di strada in strada, di porta in porta, per ritrovarsi tutti nello stesso punto, alla stessa ora dello stesso giorno. La loro rivolta al grido "libertà" durò tre giorni e tre notti.  

Come uno dei racconti con cui Sherazad, sopravvisse mille e una notte conquistando l'amore dello sceicco persiano a cui era andata in moglie, la fiaba del popolo egiziano si interrompe, ma solo per questa notte. La conclusione verrà presto scritta dalla storia.

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