mercoledì 5 ottobre 2011

Il villaggio di cartone

In questo inizio autunno bizzarro, che sa più di primavera, è difficile riprendere le abitudini invernali. Se non fosse per l'uscita dei film presentati al Festival di Venezia, saremmo ancora tentati da fughe al mare o al lago.
Il due ottobre al teatro Strehler, in una Milano surrealmente afosa, è stato proiettato in anteprima l'ultimo film di Ermanno Olmi, in uscita il sette ottobre nelle sale. Il villaggio di cartone condensa in una novantina scarsa di minuti i temi più roventi della società occidentale odierna. La stanchezza di una società obnubilata dai troppi consumi, la forza selvaggia di chi è nato nel Terzo Mondo, l'aleatorietà dei valori - anche i più profondi - di fronte alle incertezze che si stanno materializzando nella seconda decade del duemila. Trama altamente introspettiva, che si esplicita all'interno di una parrocchia chiusa per carenza di fondi. L'anziano parrocco si trova solo e defraudato del suo ruolo, quando la Chiesa ormai chiusa al culto viene occupata da un gruppo di clandestini africani, che vi trovano rifugio. Il curato offre loro la sua protezione, ritrovando nell'accoglienza il significato più profondo del messaggio cristiano. Negli occhi di quegli uomini si legge la miseria di chi non ha da perdere più nulla, al punto da affrontare un viaggio disperato, al punto da non temere quel mare che tra la Libia e Lampedusa ha trascinato con sé i sogni di tanti giovani africani. I giovani clandestini si scontrano con un Primo Mondo stanco, che ha perso la gioia delle cose semplici, che sta affogando in un tenore di vita ben più elevato di quanto si possa permettere. Un Primo Mondo che sta per trovarsi il conto davanti e ha il conto in banca prosciugato. La loro reazione è contradditoria: c'è chi prova odio verso la minoranza bianca che accentra il benessere e grida vendetta; c'è chi sente di avere una possibilità e sa che quella passa per la via dell'integrazione. E cosa prova l'Occidente, patria della filosofia, di fronte alla sorte di questi figli d'Africa? Rifiuto in molti casi, pietà in alcuni, comprensione e amicizia, in pochi. Per parafrasare il divino Guccini: Dio è morto ancora, sulle carrette del mare con cui gli schiavisti del duemila giocano alla roulette con vite umane.

4 commenti:

stealthisnick ha detto...

bel post, come sempre

per pignoleria ti segnalo "sugli uomini di quegli uomini" al posto di "sui volti di quegli uomini" (immagino) a metà del post

Unknown ha detto...

Grazie..ehhhmm..confesso: stavo scrivendo con l'audio di un film di sottofondo...;-)

stealthisnick ha detto...

a questo punto...che film?

Unknown ha detto...

Le bal des actrices..film francese medio, ma indicativo del mondo dello spettacolo..e divertente :-)