sabato 15 gennaio 2011

The Cranberries - Dreams (Live in Paris - 1999)






....come diceva Calderon de la Barca...la vita è un sogno, il sogno è la vita.

giovedì 13 gennaio 2011

American Life (Away we go)

Sam Mendes torna a distanza di parecchi anni dal successone American Beauty, con un film scoppiettante. Trama freschissima, cast giovane, protagonisti adorabili. E' la storia della new generation americana, ma - potere della globalizzazione - si potrebbe estendere il racconto all'Occidente in senso più ampio.
Maya Rudolph (una dolcissima e sveglia Verona) e John Krasinski (fenomenale nell'intepretazione di Burt) sono una coppia giovane in attesa del primo figlio. La notizia della gravidanza di Verona scuote la serenità in apparenza infantile" della coppia. Cercare casa. Questo è il compito che i due ragazzi si prefiggono nel paio di mesi che precede l'arrivo della piccolina. Una "casa" che sia a misura di bambino e di adulto. Che permetta loro di avere una vita di affetti, che sia, insomma, il più accogliente possibile. Il loro viaggio li porta agli estremi opposti della sterminata America: da Tucson a Montreal. Ad ogni tappa, Verona e Burt incontrano amici o parenti, che non vedevano da tempo. Ognuno di loro ha cercato di costruirsi una propria dimensione, in un mondo che ormai è lanciato verso il relativismo più totale: c'è chi cresce i figli a suon di patatine e tv, per sentirli il meno possibile, c'è chi - come reazione all'anaffettività totale della società di oggi - cerca serenità nei precetti orientali di amore continuo di sapore hippy. C'è chi, come il fratello di Burt, vede naufragare il proprio progetto di vita ed attraversa un divorzio o un abbandono. Da questo viaggio, Verona e Burt capiscono che la vera sfida è trovare un equilibrio, fatto di compromessi e lotte quotidiane. E paradossalmente, trovano la strada verso la loro vita nella normalità: una casa - normale - con un giardino - normale - in un piccolo paese - normale. Insomma, tutto quello che per la loro (la mia) generazione sta diventando così irrealizzabile e utopico, da sembrare la più desiderabile delle condizioni.
Se si ricorda per un momento American Beauty, si intuisce il cambiamento sostanziale che nel giro di un paio di decenni ha stravolto le cose: desiderabile, per la generazione di quarantenni protagonista di American Beauty, era l'eccesso. Desiderabile, per la generazione di chi ha appena trent'anni (o meno..), è la normalità: proprio quella normalità che con la seconda Grande Crisi si rischia di non trovare mai.

lunedì 10 gennaio 2011

Somewhere

A settembre decisi di non andare al cinema a vedere il film che aveva vinto il Leone d'oro. Dalla trama mi sembrava la classica pellicola su cui fare il classico arbitraggio: Blockbuster batte cinema di un buon paio di euro se non di più. Ragionamento doveroso in tempi di crisi economica, espansione dei multisala e proliferazione di commedie trash e colossal al limite del guardabile.
Mi ero fatta un'idea forse peggiore della realtà sul film diretto dalla signora Coppola, certo è però, che non valeva assolutamente un biglietto per il cinema, specie se nel weekend.
Film che vorrebbe essere impegnato, ma non ci riesce. Stephen Dorff interpreta John, un attore californiano che vive la vida loca della Los Angeles dei quartieri alti (ammesso che a Los Angeles esistano i bassi, non credo). Risiede nella suite di un hotel a numerose stelle, dove organizza festini a base di coca e sesso.
Non proprio il top dell'effetto sorpresa, insomma. Lo spettatore medio inizia a guardare l'orologio dopo il primo quarto d'ora di proiezione.
John ha una figlia adolescente che vede di rado e di cui non conosce quasi nulla. Cleo (Elle Fanning) un bel giorno si presenta alla porta del padre, dicendo che sua madre se n'era andata per qualche giorno. E i due mondi, paralleli ino a quel momento, si intersecano come due viali ad un incrocio stradale. John scopre a poco a poco le esigenze della ragazzina: rinuncia a festini erotici con fotomodelle, limita le sbronze, cerca di farla mangiare. Cosa vi viene in mente? Forse qualche miliardo di altre commedie statunitensi?
Il tempo trascorso con Cleo permette a John di pensare alla propria condizione ed al fatto che la sua vita non ha troppo senso o quanto meno troppa utilità. Quando la figlia parte per il campo estivo, John si trova nuovamente solo, in una stanza di hotel, a scegliere a quale festa andare, con che completo D&G, se con una bionda o una bruna. Insomma, c'è di che andare in depressione. E questa forse è l'unica nota salvabile e profonda di un film che obiettivamente non scorre, non cattura, non indigna, forse annoia, ma nemmeno quello al punto da farti alzare a metà. Perchè se c'è una cosa vera è che i veri sconfitti sono quelli che, come John, si fanno fumare il cervello da qualche secondo o più di gloria, potere o denaro. E deve essere obiettivamente mostruoso voltarsi indietro e capire che la propria vita è stesa sul fondo di un bidone della spazzatura, nonostante si avessero avuti tutti i mezzi per renderla splendida.
Questo credo sia stato il messaggio (ufficiale) per cui il film ha ottenuto il Leone d'Oro (soprassiedo su quali penso siano stati i messaggi ufficiosi...). Anche questa volta, sul cinema, Cannes batte Venezia, Francia batte tutti. E di larga misura.

domenica 9 gennaio 2011

sabato 8 gennaio 2011

Mail a destinatari nascosti

Salam Alaikum amici.
Il sole sta sorgendo a Sidi Bouzid. Il ché è uno degli spettacoli più belli del mondo, anche se non è incluso nella lista dei patrimoni dell'umanità. Certo, perchè chi cazzo conosce Sidi Bouzid all'UNESCO?
Ricordo in particolare un'alba: quella che vedemmo in cinque, dopo la festa per la nostra laurea. Chi era presenta ora probabilmente sentirà un moto di commozione. Eravamo ubriachi d far schifo, am di gioia. E intontiti per la musica, il fumo e tutti i complimenti hce avevamo ricevuto. Ce l'avevamo fatta: noi, dal più remoto posto di una delle più remote nazioni, ci eravamo laureati. Alla faccia di Wall Street, e di Oxford e tutto il resto. Ora tre di noi sono a Parigi a fare i netturbini sotto la pioggia e a ricevere gli insulti di chi è nato dalla parte giusta del mondo. E gli altri due, bhé...noi non riceviamo insulti e vediamo la pioggia alla televisione del caffé sulla piazza, quando abbiamo i soldi per una bibita gasata. E siamo nel nostro paese, qui, in culo al mondo: nemmeno vicino al mare per prendere un di quelle navi della speranza o della morte -che dir si voglia-per tentare di raggiungere Lampedusa. E quell'emozione che abbiamo provato, all'alba del giorno dopo la nostra laurea, quando pensavamo che forse noi cinque avremmo fatto la differenza, bhé...quell'emozione è più sbiadita di una vecchia fotografia. Tanto sbiadita da essere a malapena un ricordo. Vi abbraccio amici, voi che siete qui a chiedervi perché esistete, se tanto non avete futuro e voi, che raccogliete l'immondizia parigina e che forse vedete nelle vite dei passanti ben coperti nei loro cappotti quel futuro che abbiamo sognato. Vi abbraccio e vi auguro, a tutti, un po' di quel futuro, almeno gli avanzi, almeno quel poco per rendere la vita degna. Non ci sarò, tra tanti al caffé sulla piazza, come ci eravamo ripromessi davanti a quell'alba lontana: a fumare insieme con i capelli bianchi e tirare le somme. No, non ci sarò, perchè dovrei raccontare di aver fatto il venditore ambulante. Sì, è così. A questo mi è servito laurearmi: a fare il venditore ambulante in un paese di morti di fame, dove non esiste nemmeno la pietà del primo mondo a garantirti un kebab ogni tanto. E poi vi dovrei raccontare che un giorno di metà dicembre mi hanno sequestrato quelle poche cianfrusaglie che cercavo di vendere invano. Eh sì, vi racconterei che sono un abusivo. Mi resta abbastanza dignità per evitarvi tanta tristezza. Vi abbraccio, amici, che il vento vi porti, come recitava quella canzone che tanto amavamo nel periodo dell'università. Che il vento ci porti.

NdR: il 17 dicembre Mohamed Bouaziz si è dato fuoco. Era laureato e faceva l'ambulante. La polizia gli ha sequestrato la merce. Da questo episodio terribile sono scoppiate proteste in tutta la Tunisia. Notizia di oggi del Corriere, che riporta inoltre di scontri pesanti in Algeria per il pane. Questo nei primi giorni del 2011. In pratica sta succedendo quello che aveva scritto il Manzoni nei Promessi Sposi. Solo che era ambientato nel Seicento, se non ricordo male. Queste righe sono dedicate ai giovani che ora sono dall'altra parte del Mediterraneo. Che sono come me: sognano, leggono, si incazzano, sono innamorati o soffrono per amore, piangono di rabbia, si stupiscono. Ma sono dall'altra parte di un fottuto braccio di mare e arrivano al punto di meditare gesti folli, disperati, come quello di Mohamed.


http://www.corriere.it/esteri/11_gennaio_07/scontri-nord-africa_ef234728-1a6d-11e0-91c1-00144f02aabc.shtml

lunedì 27 dicembre 2010

You will meet a tall dark stranger

Cercherò di essere obiettiva. Lo prometto.
Woody Allen torna a Londra, dopo la (magnifica) interruzione newyorchese di Whatever works, con un cast altisonante: Antony Hopkins, Naomi Watts, Freida Pinto, Josh Brolin. E un seducentissimo Banderas (lo so, avevo detto obiettiva...). Il film analizza l'illusoria dinamica dell'amore eterno e del rapporto di coppia, di cui gli esseri umani si ostinano a non concepire la limitatezza temporale. Una coppia in piena crisi di terza età esplode nel momento in cui Alfie si rende conto di essere invecchiato e cerca di aggrapparsi alla vita che sente sfuggire abbandonando la moglie per una compagna giovane, bella, texana o di analoga provenienza, e rimasta a qualche passo prima dell'homo sapiens nella catena evolutiva. Helena reagisce alla rottura del matrimonio trovando conforto nei tarocchi ed in una spiritualità di dubbio gusto, ma apparentemente efficace. Problemi sentimentali anche per la figlia Sally, una brillante esperta d'arte che lavora in una prestigiosa galleria di proprietà del bel Greg (ovviamente Banderas): il marito, Roy, dopo aver pubblicato un romanzo, cerca di scongiurare il rischio di diventare una meteora tentando di impostare un nuovo romanzo. L'equilibrio fragile dei due viene incrinato quando Roy nota la seducente dirimpettaia, che suona la chitarra alla finestra indossando sempre qualcosa di rosso. Anche Sally, tuttavia, non si rivela propriamente la moglie innamorata e felice che raccontano le favole. E come esserlo, quando si lavora con Antonio Banderas? Greg sta divorziando dalla moglie e confida all'assistente i tormenti che sta attraversando. Eros, nel frattempo colpisce con i suoi strali anche Helena, che ritrova la felicità perduta con il proprietario di una libreria specializzata in testi esoterici. Scoppia invece l'improbabile coppia Alfie-Charmaine, i cui dialoghi surreali ricordano alla platea che si è pagato un biglietto convinti di vedere un Allen (sì, sì, obiettiva..scusate!).
Roy e Sally, giunti al capolinea, decidono di lasciarsi. Lui, dopo un lungo corteggiamento, conquista il cuore della musicista vestita di rosso. Lei confessa i suoi sentimenti a Greg, che da buon "bello e impossibile" nel frattempo trova consolazione tra le braccia di un'artista parecchio maudite.
La pellicola non sarebbe male, se fosse di un altro regista. Sinceramente, dopo Whatever works, noi alleniani convinti avevamo intravisto il ritorno a quel quell'ironia tagliente, atea e materialista che tanto amiamo. A quella New York frenetica e multiforme che è habitat naturale dei film di Woody, molto più della glaciale Londra: troppo ingessata, troppo scontata, troppo poco sfacciata per noi puristi. Insomma, ma dove è finito il Woody che avrebbe corso le presidenziali francesi con il motto "cinismo, sarcasmo e orgasmo"? E che probabilmente, avrebbe avuto ottime chance di vincere?

martedì 12 ottobre 2010

Surrealismo cipriota

Autobus (I)
Viaggiatore : "Scusi, a che fermata devo scendere per andare al sito si paleia Amathus?"
Autista: "Vedi quella fermata dal lato opposto della strada? Lì devi aspettare l'autobus del ritorno"
Viaggiatore: "Ok, grazie. E ora scendo alla prossima, giusto? Il sito è indicato a sinistra..."
Autista: "Stai scherzando filemou? Saranno almeno duecento metri di salita, faccio una deviazione e ti scarico all'ingresso endaxi?"

Autobus (II)
Viaggiatore: "Scusi qual'è l'autobus per la spiaggia".
Inserviente al punto informazioni: "Quale spiaggia?".
Viaggiatore: "Bhè, non saprei...una spiaggia".
Inserviente al punto informazioni: "Una bella spiaggia?"
Viaggiatore: "Bhè, sì. Una spiaggia di quelle dove andreste voi a fare un bagno".
Inserviente al punto informazioni: "Io andrei sicuramente alla Mckenzy beach, se non dovessi lavorare".
Viaggiatore: "Con che autobus ci si va?"
Inserviente al punto informazioni: "Con il 61, ma passa tra quattro ore. Per questo ora sto lavorando. Tra quattro ore, prendo l'autobus e vado alla Mckenzy".
Viaggiatore: "Mi sembra logico. Bhé, io allora ora cammino e tra un'oretta arrivo alla Mckenzy".

Bussola
Viaggiatore: "Signomi, mi sono perso. Devo andare alla stazione delle corriere, che strada conviene prendere?"
Passante: "E' lontano, conviene prendere il taxi"
Viaggiatore: "Il taxi? Ma a piedi quanto dista?".
Passante: "Di dove sei? America?".
Viaggiatore: "Milano, Italia".
Passante: "Italia?? guarda, la stazione è sempre dritto a cinque minuti da qui, anche io ci sto andando. Sempre dritto, non è lontano".
Viaggiatore: "???!!!".
Passante: "Voglio dire, non è lontano per noi, per gli Americani, lo è".

Hotel
Viaggiatore: "Iassu, mi fa un caffé?"
Receptionist: "Certo, vieni al bar. Come lo faccio? Espresso?"
Viaggiatore: "No, facciamo cipriota? Gliko"
Receptionist fa bollire il caffé compiaciuto.
Viaggiatore: "Scusi, mi indica un negozio di dischi, para kalo"
Receptionist: "Musica? Bhé, qui in centro direi..."
Viaggiatore: "Intendo, per comprare un cd di rembetika"
Receptionist (alzando il telefono): "Ti piace la laika musiki? Ora ci penso io"
Viaggiatore: "???!!!".

Receptionist (dopo una conversazione in greco al telefono): "Allora, il negozio si chiama Iannakis Rembetika house. Dal vecchio porto antico, prendi il vicolo dopo il kafeneion greco - quello con il cameriere con i baffi e un'ancora enorme parcheggiata fuori dalla porta, poi prosegui .. diciamo cinquecento metri..sì, più o meno. E poi giri a destra, oltrepassi il negozio di icone, la panetteria e trovi il negozio. Ho chiamato per dire che sei mia amica. Iannakis è un amico. Ti fa un buon prezzo. Endaxi?"
Viaggiatore: "Endaxi, euXaristo..ma, il nome della via, giusto in caso...?"
Receptionist: "Dal vecchio porto, il vicolo dopo il kafeneion. Poi a destra. Se ti perdi chiedi di Iannakis, io prendo tutti i cd che senti in saletta da lui. E anche le taverne prendono i cd da lui".
Viaggiatore: "Va bene, ho capito. Chiedo di Iannakis. Il caffé era ottimo - orea - quanto le devo?"
Receptionist: "Stai scherzando? Questo è da parte mia filemou".
Taverna (I)
Viaggiatore: "Kalispera, vorrei un kleftiko".
Cameriere: "Quello lo facciamo il martedì".
Viaggiatore: "Allora, arnou shish kebab".
Cameriere (iniziando ad angosciarsi): "No, quello lo facciamo il giovedì, mi dispiace".
Viaggiatore (con un sorriso): "Allora, prendo quello che c'è oggi, para kalo"
Cameriere: "Ottimo, oggi abbiamo l'afelia. Intanto la casa ti offre un assaggio di melanzane di halloumi grigliato. E anche qualche dolmadakia, il tuo zaino ha l'aria di essere pesantissimo".

Taverna (II)
Viaggiatore: "Scusi, questa è la taverna Mikri Maria? Questa qui, vede, che è segnata sulla mia guida".
Signora: "Sì, io sono Maria, ma purtroppo ho chiuso la taverna. Colpa della crisi. Ma entra, ora vendo vestiti, vede, tutta roba di classe".
Viaggiatore: "Che peccato! La guida diceva il kleftiko qui era spaziale!".
Signora: "Infatti lo era, vieni a vedere la cucina, c'è ancora il barbecue con il carbone". (Si sposta trascinando per mano il viaggiatore, in una cucina molto rustica, oltre il negozio di vestiti). Posso offrirti dei dolcetti all'halloumi e cannella, sono squisiti, l'halloumi viene dal villaggio, me l'ha portato stamattina mia figlia che è andata ai Trodos. Ecco, prendi, sì sì, è per te, ma no, non mi disturbi. Togliti pure lo zaino e accomodati. Cosa vuoi da bere? Una 7up o una Fanta? ".
Viaggiatore: "Bhè, una 7up. Signora, grazie sono buonissimi!".
Signora: "Un tempo la mia taverna era sempre piena. Sempre. E io non stavo sulla porta ad acchiappare clienti: erano loro a venire da me. Ma con questa crisi...aspetta, ti porto un po' di anguria. Da dove vieni, Stati Uniti?".
Viaggiatore: "Milano, Italia".
Signora: "Aaah! Italia". (Si allontana verso uno stereo ed inserisce un cd. Parte musica classica a tutto volume). Luciano Pavarotti!".
Viaggiatore: "....Già, bhè, allora io la ringrazio e la lascio alla sua musica"
Signora: "Grazie, grazie di essere passata. Aspetta, prendi la lattina, è ancora mezza piena!".

martedì 7 settembre 2010

Paleia Kourion

Se dovessi definire la civiltà classica in un solo aggettivo, direi "esteta". Il concetto di "bello" - che nella nostra società è stato stravolto al punto da dover farsi soggettivo - nell'antichità era palesemente oggettivo. La preoccupazione principale degli antichi greci, sembrava essere la ricerca del bello. Almeno secondo me.
Si pensi, ad esempio alle grandi opere pubbliche volute da Pericle, in un momento di crisi della polis greca ed in particolare della democrazia ateniese: fu il periodo che ci lasciò l'Acropoli, con le sue sculture sublimi di valore artistico incommensurabile. Si pensi al fatto che una persona colta, completa, si distingueva nella poesia, nella musica, nella prestanza fisica, nella filosofia. La paideia era strutturata in modo tale da indirizzare verso il bello. Non verso l'utile. Si pensi ai versi che ci hanno lasciato Omero, poi Alceo e Saffo. Si pensi ai dialoghi di Platone, al motore immobile di Aristotele, agli stessi storiografi: prosa perfetta. Si pensi al fatto che per distendersi dalle tensioni della vita di tutti i giorni, gli ateniesi andavano a teatro. A vedere le opere di Eschilo, Sofocle, Euripide, considerate appunto catartiche perchè rappresentavano i drammi della vita portati all'estremo. Scoppiare a piangere di fronte ad un'opera teatrale, liberava le persone dall'angoscia per le loro situazioni personali.
Ma si pensi soprattutto all'ubicazione incredibile dei luoghi di culto: non c'è tempio o luogo sacro che non sia stato pensato per essere in un punto esteticamente divino quanto l'oggetto a cui veniva dedicata l'opera architettonica. Lindos, Sounio, Kos (Asclepion), il Partenone stesso.
Il sito su cui sorge l'antica Kourion a Cipro, a pochi km da Lemesol, non fa eccezione. Si tratta di uno degli insediamenti più antichi dell'isola, fiorito poi in epoca romana. Si possono ammirare i resti dell'anfiteatro, mosaici pavimentali di epoca romana, i resti del tempio di Apollo. E si può ammirare lo scorcio impagabile sull'Egeo, esattamente nel punto dove il golfo di Lemesol finisce e gira verso Pafos. Il tempio sorgeva nel punto più alto, rivolto al mare, da dove si vedono distintamente i quattro promontori che delimitano l'area geografica di Kourion. I profumi mediterranei ed i colori della vegetazione contrastano con  candore dei marmi, alternati da alcune colonne grigio atrancite in stile cipro-corinto (la versione locale del classico corinto, di cui ignoravo l'esistenza prima di questo viaggio). Paleia Kourion è il mio posto preferito a Cipro. Diversamente dalla publicizzatissima Pafos, che vanta meravigliosi mosaici di epoca romana dichiarati patrimonio mondiale dall'UNESCO, il sito è meno turistico. I meravigliosi mosaici sono adiacenti a kato Pafos, la parte nuova della cittadina, che purtroppo è un baraccone di richiamo turistico inguardabile. Kourion invece è isolata sulla sua altura. L'autobus che arriva da Lemesol ferma alla spiaggia e per visitare il sito si va a piedi per un chilometro abbondante. Mi sono scansata la salita perchè gli autisti ciprioti simpatizzano molto per i turisti indipendenti e quando si chiede la fermata più vicina al sito e si ha uno zaino abbondante sulle spalle, ti fanno vedere la fermata per il ritorno e poi ti portano fino all'ingresso. Il culto del bello forse è rimasto ancestralmente nel DNA della popolazione, che ha purtroppo deturpato la sua isola con brutture turistiche che portano sciami di personaggi vacanzieri imbarazzanti. Del resto non siamo più nella civiltà del bello, ma in quello dell'utile e io ne sono infatti una vittima sacrificale. Nonostante l'adattamento darwiniano alle leggi del ritorno sull'investimento, i ciprioti - come i greci - restano però eredi di quella civiltà perduta. E la corsa in taxi che il turista ubriaco paga dieci euro, il viaggiatore esteta la paga sette. La cena del primo si ferma a quanto ha ordinato e pagherà, quella del secondo ha svariati extra offerti dalla casa. Chi non ha perso la predisposizione al bello, insomma, tende la mano a chi è come lui - non si ha che allungare la propria per immergersi ancora nei fasti di quel passato.

giovedì 2 settembre 2010

Atene - Fotoracconto

               


















                         

La questione cipriota

A un passo dal Libano, poco sopra Israele, prospiciente a Port Said. Cipro è rivolta al Medioriente eppure per gran parte ha anima europea. O meglio, ellenica. La Repubblica di Cipro, che occupa la maggior parte della superficie dell'isola è parte dell'Unione Europea e dell'Area Euro (dal 2008). Una parte del territorio settentrionale, invece - la cui popolazione è di origine, lingua e "background" turchi - è indipendente e sotto l'influenza (e la protezione) della Turchia. La popolazione della Repubblica parla greco ed è ferventemente ortodossa; i turchi ciprioti sono musulmani. La colonizzazione britannica dell'800 ha lasciato la sua traccia nella guida a sinistra, nei colori contrastanti della gente e nella presenza (purtroppo) massiva di turisti anglosassoni nelle località balneari. Le vicende che hanno visto protagonista questa perla del Mediterraneo sono molte, forse troppe. Antico bastione miceneo, poi ellenico e romano, passa sotto il controllo di Bisanzio in seguito alla spartizione dei due imperi. Fin dall'antichità, Cipro è stato un luogo strategico e fiorente di attività, come testimoniano i notevoli siti archeologici sparsi per l'isola. Nel XII, la dinastia francese dei Lusitano impose la sua supremazia, lasciando un indelebile testimonianza di sé nell'architettura. Fu poi la volta di Genova e Venezia, che si contesero l'avamposto verso la terra delle spezie per decenni, finché la Serenissima riuscì ad imporsi e circondare con le sue caratteristiche mura i centri ciprioti, primi fra tutti Nicosia e Famagosta. Il dominio veneziano durò poco: la prossimità geografica con la Turchia rese ben presto l'isola oggetto delle mire espansionistiche e strategiche dell'impero ottomano, che annesse Cipro ai suoi vasti domini nel 1570 dopo la distruzione di Lemesol ed un assedio estenuante di Nicosia e Famagosta. La popolazione di lingua turca e religione musulmana crebbe in modo considerevole nei successivi trecento anni, delineando la composizione etnografica che ha creato - e crea -tanti contrasti. Nel 1878, quando l'impero ottomano e la Gran Bretagna si accordarono per un controllo congiunto dell'isola, i ciprioti greci e turchi convivevano pacificamente, nonostante il degrado dovuto a corruzione, malgoverno ed intrighi che contraddistinsero l'amministrazione ottomana. Cipro passò sotto totale controllo della corona inglese dopo la Prima Guerra Mondiale e tale restò fino all'indipendenza nel 1960. A partire dagli anni '50, le due anime dell'isola iniziarono a emergere: da un lato l'EOKA greco, a favore dell'annessione di Cipro alla Grecia (l'Enosis); dall'altro il movimento turco cipriota a favore del Taksim - la spartizione in due parti autonome. Dopo l'indipendenza dell'isola e la nascita della Repubblica cipriota, i contrasti crebbero in intensità, fino a sfociare nell'intervento dei due Stati "di riferimento" della popolazione locale. La Grecia, allora retta dal regime militare dei colonnelli, tentò di annettere Cipro al territorio ellenico con la forza. La Turchia nel 1974 invase il nord dell'isola, in difesa della minoranza turca. L'intervento militare di Ankara portò alla formazione di un governo indipendente nella zona occupata, ribattezzato Repubblica turca di Cipro del nord nel 1983 quando - per così dire - il conflitto si stabilizzò. Nel frattempo circa duecentomila ciprioti di lingua greca residenti al nord furono cacciati e riassorbiti come rifugiati nella Repubblica. Persero case, terreni, beni di ogni sorta, ma soprattutto la vita di sempre. Al loro posto furono incentivati trasferimenti di turchi dalla madrepatria per incrementare la presenza etnica sul territorio. L'aereoporto di Nicosia fu chiuso e a Larnaca venne costruito ex novo un areoporto in trenta giorni, per permettere i collegamenti tra la Repubblica di Cipro ed il resto del mondo. Il resto del mondo, eccetto la Turchia: ad oggi un greco cipriota - come mi ha raccontato Alexis di fronte ad un enorme Nescafé Frappé - non può prendere un volo per la Istambul o Ankara se non passando per Atene. Allo stesso tempo, molti turco ciprioti si trasferirono nell'area indipendente a nord, ad oggi non riconosciuta diplomaticamente se non da Ankara. Questo vuol dire che di fatto il nord non è uno Stato "effettivo": le forze NATO presidiano i confini ed i checkpoint, gli abitanti del nord viaggiano con passaporti turchi, circola la valuta turca e adirittura uno straniero che entra nel Paese da nord non può entrare nella Repubblica di Cipro, viceversa è consentito.
Si risolverà la questione cipriota? E se la Turchia entrasse nell'Unione Europea?
Ho passato dodici giorni in cerca di risposte. Da entrambe le parti del checkpoint di Ledra Street a Nicosia (o Lefkosia, come si chiama oggi), la gente scuote il capo: non c'è soluzione. Pura rassegnazione o è la verità? I greci ciprioti non dimenticano l'esproprio dei beni. Dimitris, originario di Kirenya e ora gestore di un ristorante di mezé molto rinomato a Lemesol, mi dice che ha documenti di proprietà di casa e terreno nel cassetto, che oggi hanno meno valore di un fumetto. Al posto suo e della sua famiglia vive una famiglia turca. D'altro canto, sebbene il governo della Repubblica non abbia mai cacciato apertamente i turco ciprioti residenti sul suo territorio, non è un caso se la maggior parte di loro ha deciso di trasferirsi al nors, per quanto più povero.
Eleni, impiegata dell'ufficio del turismo a Larnaca e guida turistica, racconta che nella parte turca è stata attuata una forte islamizzazione: chiese tramutate in moschee e beni artistici venduti ai grandi musei all'estero per somme ingenti. "Si parla del nostro patrimonio culturale", sottolinea con la voce semirotta.Dall'altro lato di Ledra street, il discorso si ribalta: c'è molta più povertà e decadenza. Nicosia in particolare cambia in modo impressionante. Oltre ai turchi dalla madrepatria, Cipro del nord ha attratto una forte immigrazione dal mondo arabo e la radicalizzazione islamica sta diventando un problema. Siamo nel pieno del Ramadan e la maggior parte della gente digiuna di giorno. Puntuale arriva il richiamo alla preghiera del muezzin dall'alto del minareto della grande moschea: frotte di persone si avviano a pregare. Tra questi, pochissimi sono i turchi ciprioti: "Noi eravamo qui molto prima del 1974, non abbiamo mai digiunato", dice Yussuf, mentre gli pago le Duracell per la macchina fotografica. "Niente alcohol, ma dai! Nell'isola del vino!", commenta osservando il flusso di persone che si avviano alla moschea. Sono molte le donne in niqab nella parte nord. "Non sono turco cipriote"- precisa orgogliosa la proprietaria dell'ottimo ristorante dove vado a pranzo con Rosaria, che lavora all'Unione Europea a Nicosia. "I greci ciprioti sono inaspriti, i turco ciprioti non fanno nulla per risolvere le cose..." - mi spiega quest'ultima, una degli incontri tra "Italians abroad" in areoporto più fortunati degli ultimi anni - "Si intravedeva una soluzione quando la Turchia faceva sforzi consistenti per entrare nell'Unione Europea"-continua, con il suo inconfondibile accento pugliese - "Ultimamente...bhè, sai anche tu che posizioni che stanno prendendo". La Mavromatis, le dichiarazioni antiisraeliane, l'avvicinamento implicito ad Arabia ed hezbollah.
Ma perchè queste tensioni sono esplose soltanto dopo l'indipendenza, quando per secoli le due comunità hanno vissuto tranquillamente, come testimoniano molte città del sud, dove chiese e moschee sono dirimpettaie nelle strade? Dimitris mi dice che sono stati gli inglesi ed i turchi a fomentare l'odio nell'isole per timore che passasse al blocco sovietico. Anche Eleni lo conferma, in termini più accademici: "Il nostro primo Presidente
, Makarios (che a Cipro è un po' come dire di Che Guevara a Cuba), aveva espresso posizioni filosovietiche in diverse circostanze".
Eredità della Guerra Fredda irrisolvibile, dunque?
Se c'è una speranza, sta nella ragionevolezza. Quella che vedo nello sguardo dell'anziano imam della moschea di Lemesol, nel vecchio quartiere turco della città. Non è aperta al pubblico, ma casualmente ci sono passata davanti un venerdì, mentre l'imam la stava aprendo per la giornata di preghiera. Mi guarda mentre scruto l'edificio: "Turista? Vuoi vedere la nostra moschea?". Certo che sì. E tranquillamente mi ha fatto entrare, assicurandosi che togliessi le scarpe, ma senza badare a mini shorts e spalle scoperte. "Se vuoi fare foto non esitare".
Questo è lo spirito che può risolvere la questione cipriota.
"Turchi, greci, musulmani, ortodossi- dice l'imam mentre lo ringrazio- ovunque, c'è sempre "the good and the bad".